Scoprirsi amici in Cina

Novembre 7, 2013 Categoria: ,

Dal diario della professoressa Blandini

 4 novembre. Questa mattina i gruppi si sono recati allo splendido Palazzo d’Estate, una delle residenze estive delle famiglie imperiali.

I salici del giardino del Palazzo d'Estate

I salici del giardino del Palazzo d’Estate

Il laghetto e i salici piangenti hanno fatto da cornice a una mattinata davvero rilassante.
 Dopo pranzo, tutti gli studenti sono stati accolti da padre Meinhard, gesuita francese missionario in Cina, presidente del Centro Ricci presso la UIBE (University of International Business and Economics), prestigiosa Università di Pechino fondata nel 1951. Padre Meinhard ha presentato ai duecentocinquanta studenti delle nostre scuole le figure di maggior spicco di gesuiti missionari italiani in Cina. Essi sono stati grandi protagonisti dei primi contatti tra la Cina e l’Europa nel Cinquecento e nel Seicento.
Abbiamo quindi passato una serata divertente tra pub e locali presso l’avveniristico quartiere The Space, caratterizzato da grattacieli ultra-moderni e un grande schermo luminoso, costruito come un “baldacchino” e lungo più di duecento metri.

5 novembre. La mattinata è stata caratterizzata dalla grande emozione di tutti di fronte alla tomba di Matteo Ricci. E’ stato lui che, coniugando fede e conoscenza, ha potuto davvero avvicinare Oriente e Occidente, due mondi così distanti.

Incontro all'ambasciata italiana a Pechino

Incontro all’Ambasciata italiana a Pechino

Nel pomeriggio siamo stati ospiti presso l’Ambasciata Italiana a Pechino. Qui abbiamo avuto il privilegio di un incontro con l’Ambasciatore italiano a Pechino, S.E. il dottor Alberto Bradanini, e il decano dei parroci italiani nella capitale cinese. Dopo aver ascoltato le relazioni sullo stato attuale della Cina e sui rapporti tra Cinesi e Italiani nel mondo economico, sociale e nella Chiesa, i ragazzi hanno potuto fare domande e approfondire tutte le loro curiosità sulla storia, sull’economia e sulla politica di questo grande Paese.

Dal diario di padre Eraldo

6 novembre. L’ultimo giorno a Pechino è stato più leggero ma non meno interessante dei precedenti. Il gruppo ha trascorso la prima parte della mattinata al Villaggio Olimpico, sede delle storiche Olimpiadi del 2008, la manifestazione attraverso cui la Cina ha potuto mostrare pienamente al mondo la propria forza d’impatto economico e sociale. Il villaggio è costruito su di una enorme spianata (saranno almeno tre chilometri quadrati).

Il sogno cinese e lo stadio a nido

Il sogno cinese e lo stadio a nido

Quivi giganteggiano due architetture ultramoderne che restano a tutt’oggi il simbolo dei giochi olimpici del 2008: lo stadio di calcio a “nido” e il “cubo d’acqua”, avveniristico stadio del nuoto. Attorno ad esse ampi spazi con la torre dei media, il centro congressi ed il magnificente hotel “sette stelle” che ha ospitato gli atleti, distribuiti su tre grattacieli che insieme creano la forma di un enorme drago. Il passeggio in questa spianata è mozzafiato; si prova insieme un senso di piccolezza davanti alla grandezza degli spazi, di nascita di una nuova potenza emergente che ancora comunica la propria forza attraverso la propaganda della “retorica del potere”, e di desiderio di partecipare a quello che a detta stessa di un maxischermo viene chiamato il “sogno cinese”.

Lasciato il Villaggio Olimpico, facciamo tappa presso una fabbrica del the. Qui partecipiamo ad una dotta spiegazione del rito del the. Una signora ci mostra come si prepara, si serve e si sorseggia il the nella cultura cinese. Durante la cerimonia facciamo diversi assaggi di the cinesi di cui apprendiamo le facoltà terapeutiche. A tutti è chiaro che questa bevanda è parte integrale della cultura del popolo che ci ospita. Dopo il the ci rechiamo al luogo del pranzo, dentro il Villaggio Olimpico, mentre il pomeriggio è interamente dedicato alla  visita ad un grande magazzino per gli acquisti finali di piccoli regali per familiari ed amici. Infine, cena conclusiva con tutto il gruppo riunito per assaggiare la famosa “anatra laccata”, specialità tipica pechinese.
Al termine della cena i ragazzi si abbracciano calorosamente e si danno appuntamento all’aeroporto per i saluti conclusivi. Da domani ognuno ritornerà nella propria città con tanti ricordi, e soprattutto con l’esperienza di aver vissuto per otto giorni dentro una grande capitale, una città di grandi contrasti con un fascino indescrivibile che ci è entrata “sotto la pelle”: i grandi trasferimenti in pullman nel traffico, le opere d’arte e di tecnologia, le realtà di ricchezza e povertà, la cultura, l’università, la Chiesa… Spero che nel tempo questi otto giorni si rivelino un tempo prezioso per aiutare i nostri ragazzi ad aprirsi davvero ad un mondo che cambia così da entrarvi da protagonisti: persone competenti, di fede, dotate di compassione e senso critico, capaci di trasformare se stessi e il mondo a favore dei più deboli.

I diari dei ragazzi in questo ultimo resoconto sono più delle riflessioni sull’importanza costituita da questa visita alla Cina che delle cronache sui fatti accaduti. Siamo felici di poterle condividere con chi leggerà questa notizia perché mostrano il senso profondo dell’esperienza vissuta.

DIVERSI MA UGUALI

La civiltà italiana e quella cinese a confronto in base ai dati raccolti in 8 giorni:

31 ottobre – 7 novembre, otto giorni alla scoperta di Pechino sono sufficienti a mettere in luce profonde diversità fra noi Italiani e, in particolare, noi Milanesi e questo popolo asiatico. Non si può scindere un Milanese dall’atteggiamento di una persona sempre e costantemente di corsa: già a partire dai primi passi della mattina per andare al lavoro o a scuola, viviamo di corsa. Siamo di corsa ai pasti e abbiamo agende incredibilmente piene di eventi incastrati strategicamente. Non abbiamo mai tempo per assaporare la vita. Qui in Cina invece le persone alternano momenti di lavoro frenetico a momenti di vera quiete, pace, armonia con sé stessi e il mondo.

Il cubo d'acqua e la spianata del villaggio olimpico

Il cubo d’acqua e la spianata del Villaggio Olimpico

I pasti, per esempio, sono lunghi e tranquilli, le persone prendono il tempo per sorseggiare the e spizzicare cibo con le bacchette. Se si pensa ai pasti, emergono anche altre radicali differenze fra la nostra e questa civiltà: qui in Cina vigono condivisione, uguaglianza e armonia: nei ristoranti si trovano quasi solo tavoli rotondi, in cui nessuno degli avventori prevale sull’altro; su questi tavoli i cibi non sono singolarmente consumati, ma posizionati al centro e condivisi dall’intero tavolo. Fondamentale in questo paese è l’armonia, l’equilibrio fra gli opposti, tra lo Yin e lo Yan, tra l’uomo e l’ambiente (come si può vedere nel tai-chi praticato dalle persone alla mattina sotto gli alberi nei parchi della città). Oggi negli Italiani –  specialmente nelle grandi città – ci può apparire che non vi sia la ricerca di un continuo equilibrio; al contrario, sembra prevalere l’istanza di correre a più non posso per spiccare il salto più alto e superare gli altri. Nel mondo in cui vivo pare viga la legge del più forte come principio primo. Un Cinese direbbe che in tale circostanza si verrebbe a perdere l’equilibrio e l’armonia.

Il centro ultramoderno di San Li Tun

Il centro ultramoderno di San Li Tun

Eppure ai nostri occhi questa città risulta grigia, nascosta in una nuvola di smog e oltraggiata dalla povertà. Ma ci troviamo in una realtà completamente differente dalla nostra, lontana dalle nostre abitudini: fusi orari diversi, ore dei pasti anticipate, odori a noi estranei e a volte insopportabili ovunque per la città; igiene trascurata. Pechino risulta come la città degli opposti: enormi costruzioni come il villaggio olimpico e gli hotel adiacenti, simboli di ricchezza, modernità e civiltà, posizionati non lontano dalla “città vecchia” dove le abitazioni non superano i due piani di altezza, dove vige la decadenza degli ambienti vitali e si impone la povertà; qui a Pechino convivono strade a sei corsie e stretti vicoli, macchine di lusso e biciclette dismesse o risciò con enormi bagagli appesi in precario equilibrio. I contrasti in Italia sono meno marcati, meno evidenti. Due mondi, due popoli, due filosofie di vita. Eppure al giorno d’oggi, con la globalizzazione, abbiamo molto in comune: vestiamo le stesse marche, svolgiamo vite analoghe quanto a tipi di lavoro e di svago. Infine, condividiamo le stesse passioni di base: la propensione all’amore, alla felicità e al benessere. Possiamo dire dunque che siamo così inconciliabili? Così diversi?

UNA GITA INCENTRATA SULL’AMICIZIA

La sera dell’ultimo giorno di gita andiamo a cena in un ristorante tradizionale dove abbiamo la possibilità di gustare una specialità cinese: l’anatra laccata. L’ultima cena è avvolta in un atmosfera di gioia ma anche di malinconia. E’ una serata allegra in quanto i ragazzi chiacchierano con gli amici appena conosciuti, condividono emozioni e pensieri. Allo stesso tempo è un convito malinconico, dal momento che è dominato dalla tristezza della imminente separazione. Al termine della cena i ragazzi si danno l’ultimo saluto abbracciandosi con affetto, presi dalla malinconia ma anche dalla consapevolezza che presto si incontreranno di nuovo.

Giro in pagoda nel laghetto del Palazzo d'Estate

Giro su una barca a pagoda nel laghetto del Palazzo d’Estate

 

E’ questa la lezione più importante che ho imparato dalla nostra gita: non importa da dove vieni, l’amicizia esiste anche a distanza e fra persone diverse. Questo viaggio ci ha restituito l’orgoglio di essere Italiani, uniti nei valori di amicizia e di fede: che tu venga da Roma, Napoli, Milano, Palermo o Torino, sei sempre un ragazzo uguale agli altri. Il contatto con una cultura diversa dalla nostra ha rafforzato la coesione del nostro gruppo composito, ma al tempo stesso ci ha insegnato a rispettare e ad apprezzare chi non è del nostro paese: in fondo anche i Cinesi, pur con le loro usanze e tradizioni, non sono così diversi da noi.