Andare oltre: il musical del Leone al carcere di Bollate
Giugno 10, 2025 Categoria: News, Home page
Fonici, proff., ex-alunni e un regista nella foto ricordo con Yassine e Daniel
Il cielo in carcere ha un orlo di cemento, e c’è sempre un muro che chiude lo sguardo, ovunque lo si muova.
Così è un senso di profonda afflizione, un magone, quello che ci coglie all’improvviso quando l’enorme portone in ferro del primo varco si chiude pesante alle nostre spalle, segnando un prima e un poi.
Una sensazione che si acuisce, proprio dietro lo sterno, e su su fino alla gola, mentre attraversiamo i lunghi corridoi squadrati, dai soffitti bassi, che conducono ai reparti, e la luce dei neon si mescola qua e là con la luce pomeridiana che filtra dalle sbarre.
Tutto è molto pulito, ordinato, funzionale, e forse anche per questo ci arriva più doloroso, quasi insostenibile, il pensiero che gli spazi che stiamo attraversando sono stati progettati e costruiti da uomini per contenere altri uomini.
Ci conforta in questa desolante traversata dello spirito il sorriso e lo sguardo profondamente umano, caldo, di Francesco Mondello, Assistente Capo di Polizia Penitenziaria che da anni si spende in prima persona per rendere il carcere davvero un luogo di rieducazione e di reinserimento sociale: “Ci sono due modi per fare questo lavoro. Il primo è quello di attenersi alle pratiche e al regolamento. È un modo che funziona, e se lo segui correttamente, tutto va bene. Poi c’è un secondo modo, che è quello di andare “oltre”, di spendersi per rendere possibile qualcosa di diverso. Qui a Bollate ho la fortuna di avere colleghi così”.
In questi primi passi all’interno dell’istituto penitenziario ci conforta anche, e tanto, lo sguardo e il sorriso dei giovani studenti leoniani: anche loro sono andati “oltre” – oltre le sbarre, la paura e il dolore – e vogliono portare un sollievo, una serata di gioia, un piccolo messaggio di speranza.
Poi, ecco, accade qualcosa: incontriamo i primi detenuti. I nostri sguardi si uniscono, i loro sorrisi e la loro gentilezza ci aprono il cuore. La tensione svanisce, il magone viene diluito dai loro occhi, incredibili, così colmi di luce, così pieni di un desiderio di vita, buoni, grati.
Daniel, Gennaro, Mohamed, Yassine, Matteo, Hoshush, Fabrizio… Questi sono solo alcuni dei nomi, perché in molti accorrono per aiutarci con l’allestimento: portano pesi, aiutano Filippo Tampieri – il nostro incredibile regista – a spazzare il palco dopo un forte scroscio di pioggia. Si danno da fare in ogni modo. Un detenuto presta la sua giacca al prof. Giovanni Michelotti, arrivato a Bollate direttamente dalle Eolie e quindi senza il vestito di scena con sé. E poi, ci raccontano le loro storie, sempre con il sorriso. L’atmosfera che si respira è incredibile: pienezza, verità, umanità.
Le ore trascorrono veloci, ma abbiamo tempo anche per una visita guidata ad alcune delle attività portate avanti dei detenuti all’interno del carcere – il laboratorio di pelletteria e borsette e la redazione del giornale Carte Bollate – e una chiacchierata con la dott.ssa Catia Bianchi, educatrice responsabile delle attività culturali e ricreative che, in accordo con il dott. Giorgio Leggieri, Direttore della Casa circondariale di Bollate, ha accolto la proposta del musical leoniano: “Abbiamo aderito a questa iniziativa, tra le diverse che ci vengono proposte, perché ci sembrava particolarmente significativa nella direzione di una promozione della cultura del bello e dell’inclusione. Il senso delle attività che proponiamo qui in carcere non è infatti tanto quello di intrattenere, o banalmente, “di far passare il tempo”, ma quello di offrire delle possibilità, di dare degli spunti per cambiare le proprie vite. Capita infatti che persone anche con una carriera delinquenziale importante alle loro spalle siano riuscite grazie a queste attività – penso ad esempio al laboratorio di teatro attivato qui in carcere – a decostruirsi e quindi a ricostruirsi: hanno saputo cambiare la visione di sé, e iniziare una nuova vita. Questi spunti possono essere i più diversi: un libro, la frase detta da un compagno di cella, uno spettacolo teatrale, un laboratorio creativo. Questo incontro fa scattare qualcosa dentro, e muove ad un ripensamento di sé stessi e della propria vita. Le persone capiscono così che sono altro e sono “oltre” il loro reato, che sono altro rispetto alle “carte”. Certo, il reato rimane, ma non c’è solo il reato. Vanno oltre, e scoprono una nuova visione di sé, che innesca un cambiamento di vita”.
Usciamo da questo incontro rinfrancati: se concepito così, il carcere può davvero offrire una possibilità di riscatto. Di più: grazie a persone come Catia e Francesco, capiamo che anche il carcere può essere una scuola, un luogo cioè dove le persone possono incontrare la parte più profonda e migliore di se stesse, dove possono capirsi nel profondo della propria umanità, dove possono migliorare, andando incontro ai loro sogni più veri, dove possono scoprire e far fruttare i propri personali talenti.
Con queste riflessioni che si agitano nella mente… il musical sta per iniziale! Il cortile trabocca di persone che provengono da tutti i reparti, l’emozione è palpabile.
Tocca a p. Vitangelo Carlo Maria Denora SJ, Presidente del CDA leoniano e Legale rappresentante del nostro Istituto, introdurre la serata: “Questa sera siamo qui per assistere ad uno spettacolo, ma forse, e ancor di più, io credo che oggi siamo qui per realizzare un incontro… Quello che facciamo oggi è un incontro tra dei giovani in crescita e delle persone che stanno vivendo un periodo difficile della loro vita, e lo facciamo pensando che questo incontro possa costruire una storia nuova, cioè un incontro di vita e di speranza. Ecco, vedrete ora questo spettacolo, vedrete il messaggio che esso porta e che dice che ciascuno di noi è speciale, ciascuno di noi cerca e trova il suo modo per essere se stesso, e che questa è una possibilità per tutti noi”.
Si va in scena, ma prima Filippo raccoglie attorno a sé attori e scenografi per un breve discorso di incitamento: “ragazzi, avete visto gli sguardi delle persone? Sono pieni di luce. Ecco, ora andate fuori e restituite loro tutta questa luce che ci stanno donando. Unitela a quella che vi portate dentro e buttatela fuori!”
Quindi buio. Silenzio. E di colpo… SBADABANG!: la luce dei ragazzi del musical irrompe nel Carcere di Bollate, con le sue musiche, le sue coreografie, le canzoni interpretate in modo perfetto, i balletti, i costumi, i colori…
È un successo incredibile! Il pubblico sostiene lo spettacolo dall’inizio alla fine – “neanche al Leone ci hanno applaudito così tanto!”, esclama Leonardo. Un’onda di commozione e di gratitudine riempie i cuori di tutti i presenti, del pubblico e dei ragazzi e dei proff. Un’onda che non smette di pulsare, anche quando tutti i detenuti sono tornati nelle proprie celle e noi siamo lì, sotto l’edificio del Quarto Reparto, incapaci di andarcene, desiderosi di restare ancora un attimo, perché dalle sbarre di quelle finestre illuminate ora si protendono mani, e continuano a provenire parole commosse di ringraziamento e di saluto: “ragazzi, io ora faccio il gallo per voi… CHICCHIRICHIII”, è il dono di un detenuto che condivide questa sua abilità particolare, l’imitazione perfetta del canto di un gallo, un grido di gioia e di libertà, spontaneo, completamente gratuito e senza altro intento se non quello di restituire delle emozioni, un grido dolce e potente che ci attraversa da capo a piedi, scatenando l’applauso. In quel momento, questa persona ci ha donato tutto quello che aveva.
Un grazie profondo così a tutti i ragazzi che si sono spesi in questi mesi per realizzare qualcosa di importante, e un grazie altrettanto profondo a tutti gli adulti che dentro e fuori il carcere hanno permesso al realizzazione di questo evento straordinario. Tra questi, vogliamo citare almeno il dott. Guido Chiaretti, Presidente di Sesta Opera San Fedele, l’associazione di volontariato penitenziario che fa riferimento alla comunità dei Padri Gesuiti del Centro San Fedele di Milano, che ha fatto da ponte tra la scuola e la Casa circondariale di Bollate.
E soprattutto, vogliamo ringraziare la comunità dei detenuti di Bollate, per come ci hanno accolto, per il dono inestimabile che ci hanno offerto, un dono che resterà con noi per sempre.